Dario Brunori (Cosenza, 1977), in arte Brunori Sas, è tra i più promettenti cantautori italiani in circolazione. Lo dimostrano il premio Ciampi del 2009 per il miglior album di un artista esordiente ed il premio Luigi Tenco del 2010, ricevuti entrambi per l’album “Vol. 1”.
Il suo nome d’arte è stato scelto per via dei suoi studi in Economia e Commercio oltre che per ricordarci di come la nascita del cantautore sia avvenuta in contesti tutt’altro che musicali. Subito dopo gli studi, infatti, entrò a far parte del cementificio di famiglia.
Il suo secondo album, “Vol. 2 – Poveri Cristi”, uscito nel giugno 2011 per l’etichetta Picicca, non è semplicemente una replica fatta con lo stesso stampo del primo, ma è un album che sorprende ed è molto più articolato ed evoluto.
La prima canzone, “Il giovane Mario, è un pezzo di solo piano che parla di un padre di famiglia con il vizio del gioco, talmente caduto in rovina da tentare il suicidio senza però “fare i conti col solaio” che lo tradisce impedendo al giovane Mario di morire.
Mettere un brano triste e malinconico in apertura spiazza l’ascoltatore. Iniziare un album così potrebbe essere un suicidio secondo alcuni. Pensandoci bene, in realtà, significa che l’autore ha una certa esigenza di raccontare delle storie che lui ritiene importanti, alla sua maniera. Ciò è dovuto ad una nuova presa di coscienza, come si evince dalle tematiche che tratta in questo nuovo disco, che lo ha portato a scegliere di intraprendere un percorso tutto suo, anziché continuare sulla falsa riga del suo esordio e quindi con una strada già spianata.
L’ amore adolescenziale prevaricante nel primo disco è stato messo un po’ da parte, anche se Brunori non rinuncia a canzoni liberatorie alla Rino Gaetano come “Rosa”, o pezzi ironici come “Il suo sorriso”, in cui racconta del tradimento della sua ragazza con il suo migliore amico, interpretato nella canzone da Dente. Da evidenziare anche la canzone “Lei, lui, Firenze”, la canzone perfetta dell’album.
Le altre canzoni sono un susseguirsi di storie in cui si narrano le grottesche condizioni di persone normali, dei “poveri cristi” dunque, che devono fare i conti con qualcosa che non c’è più, come in “Bruno mio dove sei” che è una canzone dedicata alla morte del padre, o che proprio non c’è. Questi “poveri cristi” si trovano quindi costretti a rinunciare sempre a qualcosa, indipendentemente che sia il lavoro, la donna o la vita.
La forza di Brunori Sas sta proprio in questo: raccontare storie normali di persone normali che vivono in contesti non proprio facili, traendo ispirazione dalla quotidianità e ponendo perciò le basi per una forte empatia e identificazione tra l’ascoltatore ed il personaggio di turno della storia narrata nella canzone, avvalendosi anche di ottime capacità narrative.
Un altro punto di forza è senza dubbio l’ immediatezza delle melodie che mettono a tacere i pregiudizi che vogliono che la buona musica leggera in Italia sia morta.
In conclusione a questi poveri cristi, così come un po’ a tutti noi, non rimane altro che un po’ di ottimismo per andare avanti, come una luna “fra milioni di stelle, a tener su la vita con un paio di bretelle”.