Qualche anno fa li ho suggeriti a un amico, che prima di ascoltarli ha messo le mani avanti: «Non c’è mai da aspettarsi niente di buono da un gruppo che nel nome ha la parola mushroom». Tanta saggezza nonostante la giovane età, anche se poi per fortuna li ha apprezzati.
E niente, era da un sacco di tempo che volevo scrivere un pezzo su questo gruppo, solo che poi ci avevo rinunciato perché non riuscivo a trovare delle fonti decenti e le poche esistenti tendevano a contraddirsi tra loro. Oggi provo a portare a termine la missione.
Più che di una band si tratta di un progetto solista firmato da tale Greg Watson, musicista canadese impegnato in una teoria di band una più sconosciuta dell’altra, che nella seconda metà degli anni novanta opta per questo nome d’arte sobrio e discreto, il fungo di alabastro arancione, e pubblica due 7”: The Psychedelic Bedroom e The Slug. Dentro c’è tutto quello che ci si può aspettare da una band a vocazione psicotropa: voce lisergica e favolosi ricami di hammond, uso smodato del fuzz e ottime linee di basso sempre pronte a fuggire in orbita. Il meglio dell’attitudine acida sixties, riletta con il gusto e i mezzi tecnici di tre decenni dopo.
E poi basta, come era prevedibile nessuno se l’è filato a parte qualche fanatico del garage revival (io) e la setta degli adepti di Soulseek (sempre io). Nel 2001 è uscito Space & Time: a compendium of The Orange Alabaster Mushroom, che raccoglie i brani dei due EP più una manciata di altre canzoni, e che possiamo considerare il loro primo e unico album. Da qui in poi le pubblicazioni sono finite.
Io su questi volevo fare un bell’articolo serio e dettagliato e spudoratamente di parte, perché secondo me un rock psichedelico così geniale e ispirato non è facile da trovare, ma non c’è stato verso: ci sono fonti che indicano come autori, oltre a Watson, altri personaggi mai sentiti prima; i nomi delle case discografiche non sempre coincidono e su YouTube alcuni brani risultano attribuiti sia agli OAM che ad altri gruppi (in cui avrebbe militato lo stesso Watson, ovvio). Anche i server sembrano risentire del principio attivo contenuto nel fungo.
Stavolta ho esteso la ricerca a Facebook e lì per fortuna qualcosa ho trovato, altrimenti l’articolo l’avrei accantonato di nuovo: gli OAM sono ancora in pista e sembra portino un’attività live abbastanza intensa con una formazione di cinque elementi. Watson, oltre alla loro pagina, gestisce anche quella del suo progetto solista Mississippi Grover e quella di un duo chiamato Frankenstorm. Il ragazzo si dà ancora da fare e ogni tanto pubblica foto dei suoi concerti di vent’anni fa, in cui esibisce chiome rigogliose e camicie tendenti all’improbabile.
Non resta molto altro da dire. Su Youtube c’è un videoclip non ufficiale di Your Face Is In My Mind, la canzone che apre Space & Time (e forse l’apice della loro produzione): il brano è ottimamente accompagnato dalle immagini di La Motocyclette, film francese del 1968 con una Marianne Faithfull prossima al rango di divinità. E niente, se settembre non vi porta colori a sufficienza, dategli una possibilità e lasciatevi sedurre dal fungo.