Così se, ad esempio, abbiamo delle buone ragioni per pensare – alla luce di teorie precedentemente accettate – che la cosa in questo stagno è un cigno nero, allora il fatto di scoprire che si tratta di un cigno bianco o di un cormorano nero potrebbe realmente fornire sostegno alla teoria che tutti i cigni sono bianchi

(Popper K.R., Realism and the Aim of Science, from the Postscript to The Logic of Scientific Discovery)

Se fossimo in un mito greco, la storia racconterebbe che Democrazia, in un momento di ubriachezza si unisce a Stampa, dopo un banchetto, dando vita a Opinione, un essere per metà divino e per metà umano, che vive senza regole e devia i viaggiatori per mezzo di miraggi. C’è uno smisurato bisogno di contenuti nell’ambito delle riviste e dei giornali e questo ha dato vita a una sovrabbondanza di scritti, che a volte non sembrano poi così ragionati. Dopo lo sconcertante fatto di Fermo (l’uccisione in strada di Emmanuel Chidi Namdi), Internazionale ha pubblicato un articolo della scrittrice Igiaba Scego che titola L’omicidio di Fermo è l’ultimo atto del profondo razzismo italiano. L’articolo è un elenco di episodi di omicidio di extracomunitari, dal passato a oggi. Si accenna alla storia del colonialismo italiano, si cerca di costruire il quadro di un Paese che avrebbe, insomma, la tendenza a rapportarsi agli stranieri in maniera violenta e si cerca di dimostrare come la società italiana sia affetta da un profondo razzismo. L’articolo può essere considerato pericoloso, soprattutto se si tiene in considerazione che Igiaba Scego è una scrittrice. Alcune frasi fanno particolarmente riflettere:

“Davvero l’Italia è peggio di Boko Haram?”

“Ma dire ultrà, ripeterlo in tutti i telegiornali, è anche un modo di non prendersi le responsabilità di un atto efferato. È lui, solo lui, l’uomo con la spranga, il colpevole, sembrano giustificarsi tutti. Lui, un balordo, uno strano, un emarginato in fondo. Succede, sembra dire la vulgata pubblica, non è colpa nostra se ci sono certe bestie in giro.”

“E siamo indifferenti verso la storia di questa Italia che si è formata e costruita sul razzismo e sul solco che ha tracciato sulla pelle del diverso.”

“Gli omicidi a sfondo razziale in Italia non sono casi isolati, sono alimentati da un pensiero profondo che non è stato mai sradicato. Sono atti quasi rituali, che si ripetono uguali a se stessi nel tempo, una rottura del quotidiano che sfoga su un elemento percepito come altro le frustrazioni di una società in crisi. Ecco perché il colonialismo e l’antisemitismo in Italia non sono fatti secondari, incidenti di percorso della nazione.”Igiaba Scego

Chiaramente estrapolare queste frasi dall’articolo non rende l’idea del ragionamento di fondo, quindi leggere il testo integrale è molto utile. Utile anche capire come nasce l’odio. L’autrice, infatti, senza rendersene conto, usa l’argomentazione tipica del razzismo. Il testo ha una dicotomia di fondo: noi e voi. Noi africani, extracomunitari, stranieri, voi italiani, razzisti, intolleranti. L’elenco di omicidi ha la funzione di prova, per l’autrice dovrebbe dimostrare che l’intero popolo italiano è tendente alla violenza, e complice dei violenti. La storia d’Italia, del fascismo, delle colonie, la prova che la nostra cultura, quella dell’intero Paese, è profondamente razzista. Viene subito in mente Karl Popper, il quale criticava aspramente l’induttivismo, cioè l’approccio metodologico del trarre dal particolare regole generali. In altre parole non è sufficiente che una generalizzazione si basi su osservazioni vere per poterla considerare a sua volta vera. <<Asserzioni generali non sono mai deducibili da asserzioni particolari>>. Popper

Se non tenessimo ben presente questo principio sarebbe molto facile scadere nel razzismo. È paradossale, poiché se usassimo quotidianamente l’approccio logico dell’articolo della Scego dovremmo trarre conclusioni a proposito, ad esempio, di Islam. E infatti è l’approccio metodologico di chi asserisce che nella cultura islamica è insito l’odio verso l’Occidente. Facciamo un esempio pratico:

“Dunque noi parliamo di Occidente e di Islam in modo più o meno generico. Loro vedono in maniera nettissima la distinzione tra i due mondi. E la interpretano nel senso più forte, come separazione tra credenti nel vero Dio e infedeli. E sono del tutto consapevoli della tensione, che dura ormai da 14 secoli, tra due realtà religiose, naturalmente simili ma incompatibili”

È una frase estratta da un articolo apparso su Il Giornale nel 2009, dal titolo Ecco perché i musulmani ci odiano. Stesso approccio, un noi e un voi di fondo, l’altro visto come blocco unico e informe. Sta proprio qui il punto: i tratti dell’altro. Nel razzismo, nei discorsi che alimentano la paura dell’altro, dello straniero, o della società “altra”, o di uno sconosciuto, o di qualsiasi sia insomma questo “altro”, c’è una descrizione monolitica, che nega l’individualità. Ed è la componente di fondo dell’articolo della Scego.Visioni abissine

Certo, potremmo informarci e studiare la storia del razzismo in Italia, ma potremmo farlo in maniera critica, come ci insegna il sapere umanistico, approccio che non deve perdersi: il lume della ragione deve essere alla base del discorso. Bisogna cercare di comprendere l’iter dei fenomeni, cos’era il razzismo ai tempi del fascismo e delle colonie (ci sono due libri bellissimi in merito “Ai confini della nazione” di Michele Nani e “Il vessillo e la croce” di Lucia Ceci), cosa porta una persona a passare dall’estrema destra all’omicidio, o cosa porta dei ragazzi a entrare in un locale di Parigi uccidendo centinaia di persone. Questi individui rappresentano la comunità? Dalla risposta a questa domanda dipende il nostro approccio all’analisi, e nell’articolo di Igiaba Scego sembra di scorgere un “sì”.Miliziano Is

Per concludere, proviamo a sostituire nell’articolo la parola “italiani” con qualsiasi altro gruppo. O magari a invertire i soggetti del discorso, italiani e stranieri: l’impatto è fortissimo. Per questo l’articolo potrebbe essere pericoloso, oltre che ingiusto. Ed è ingiusto soprattutto per la stragrande maggioranza della società italiana, quella sinceramente democratica, e nei confronti di quella parte che lavora quotidianamente nelle associazioni, nelle Caritas, nel mondo del volontariato, della politica attiva, per sostenere tutti i giorni chi arriva nel nostro Paese, per provare a offrirgli accoglienza e un futuro migliore, e che non merita di essere spazzata via così, come se non esistesse. Ma se neanche questa argomentazione dovesse bastare, allora almeno cerchiamo di comprendere se abbiamo bisogno di battaglie basate sulla contrapposizione acritica, e a volte un po’ irrazionale, poiché la base di fenomeni come il razzismo e la paura sono gli stereotipi, ed è dalla contrapposizione a questi che si basa una società aperta e tollerante, ed è per questo che andrebbero combattuti, in qualsiasi direzione essi siano rivolti.Insegnamento lettura

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