Tra le donne che ho incontrato nel corso della mia vita ce ne sono alcune – compagne, amiche, conoscenti – a cui mi viene spontaneo associare una precisa canzone: perché la ascoltavano, perché l’abbiamo ascoltata insieme, o semplicemente perché quella musica trasmette le stesse sensazioni che loro trasmettono con il corpo, la voce, lo sguardo.
Again (Archive, 2002)
«Posso farti sentire una cosa?»; ci conoscevamo da qualche settimana, era notte tarda e faceva freddo, fuori da un locale di scappati da casa e vino scadente a poco prezzo. Mi ha passato le cuffiette e per la prima volta ho ascoltato questa incredibile elegia del dolore, lunghissima e stordente tanta è la sua bellezza; poche volte in vita mia mi sono immerso nella musica con la stessa pienezza e intensità di quel quarto d’ora. Non potevo ancora saperlo, ma nelle note di Again c’era tutto il nostro futuro insieme, lunghi anni di gioie e di batoste, di conoscersi, fraintendersi ed esporsi come mai con nessun altro prima – e ancora, ancora, ancora, sino all’epilogo.
Radio Friendly Unit Shifter (Nirvana, 1993)
Questa è la musica delle ragazze conosciute durante la gita del liceo; credo fossero, in particolare, quelle della 3° D. Poteva essere una qualunque altra canzone dei Nirvana, ma Radio Friendly apriva il bootleg Live in Rome ’94, che è il disco con cui ho cominciato ad ascoltarli, quindi per me il primo brano di sempre dei Nirvana è questo. Le ragazze della gita amavano gli stessi suoni sporchi e ruvidi che piacevano a me ed erano identiche a questa canzone: rumorose, spontanee, piene di vita e di difetti bellissimi. Quelle che non ho perso di vista sono cresciute ma non sono cambiate: come la musica, invecchiano ma non sfioriscono.
Desire Be, Desire Go (Tame Impala, 2010)
Una relazione brevissima tra una ragazza saggia e un ragazzo in stato confusionale, qualche mese di amicizia epistolare, poi l’inevitabile perdersi nella distanza – e però è un bellissimo ricordo, una parentesi di normalità e di buonsenso in un periodo che di normale e sensato non aveva niente. Ho trovato il link a Desire Be, Desire Go in fondo a una nostra mail, li avevo appena scoperti e glieli stavo consigliando. Chissà se li ha mai ascoltati.
Bad Kids (Black Lips, 2006)
Una vecchia amica che ama questa canzone e che oggi purtroppo vedo molto di rado, man mano che l’età adulta ruba spazio e tempo al puro piacere dello stare insieme. E però a volte succede di ritrovarsi e di regalarsi leggerezza a vicenda, come quando ne possedevamo in avanzo: il chiasso e le risate sono gli stessi di sempre, sentirsi ragazzini è facile.
Thirteen (Big Star, 1972)
Thirteen non è una persona in particolare, ma piuttosto una sensazione, legata ogni volta ad una donna diversa. È la canzone del rifiuto e della speranza delusa, di quando non ottieni quello che vorresti e non ti spieghi come sia possibile, visto che con il tempo ti sembra di diventare sempre più bravo a chiedere – è una bugia, ma solo a tredici anni si è davvero sinceri sul proprio essere indifesi, dopo è una sfilata di maschere. If it’s so, well, let me know / If it’s no, well, I can go.
The Killing Moon (Echo & the Bunnymen, 1984)
I suoi occhi scuri e profondissimi sembrano finestre aperte sulle profondità dello spazio, o sulla penombra gentile di una stanza di adolescente; sorride spesso, ma in fondo al suo sguardo resta sempre l’ombra di qualcosa che forse è tristezza, forse solo un mio personale autoinganno, il desiderio di un miraggio. Il suo fascino obliquo è lo stesso della canzone, familiare e al tempo stesso inafferrabile, come un indovinello imparato durante l’infanzia e mai risolto.
My Love Is (Billy Myles, 1961 / Holly Golightly)
Non è ancora una donna, ci vorranno molti anni perché lo diventi. Ha già imparato a camminare, ma quando è stanca allunga le mani verso l’alto per farsi prendere in braccio, e mentre me la porto a spasso per il cortile o per le stanze di casa le canto questa canzone all’orecchio, sottovoce; un giorno forse le insegnerò le parole. My love for you is a deep blue sea / so deep that I’ll never be free / That’s why my love, my love is a deep blue sea.
(in copertina: Patti Smith in concerto, 1978)