Nel grande e complesso mondo dell’editoria esistono molti pericoli in agguato per autori ed emergenti. Coloro che vogliono intraprendere la strada della pubblicazione spesso incorrono in situazioni poco chiare, legate alle modalità di pubblicazione e alle condizioni contrattuali offerte dall’editore, nelle quali è difficile districarsi se non con l’aiuto di una consulenza legale. In questo mare insidioso esiste un’iniziativa nata proprio a tutela degli scrittori, con una costante attività che va dalla consulenza legale all’informazione. Parliamo di “Scrittori in causa”, “Dal 2010 un organismo indipendente di informazione e confronto sulle convenzioni contrattuali nel campo editoriale. Per scrittori e scrittrici che vogliono eliminare le cattive maniere e diffondere le buone prassi” come leggiamo sul loro sito (http://scrittorincausa.blogspot.it/). Il tutto completamente gratuito.
Dell’iniziativa, e della situazione dell’editoria italiana, abbiamo parlato con Carolina Cutolo, fondatrice del progetto.
Prima di tutto perché nasce “Scrittori in causa”, da quali esigenze?
Il progetto nasce dall’incontro di tre autrici e un autore che si sono trovati a condividere un’esperienza pessima con i propri editori alla prima pubblicazione e hanno rilevato come i rispettivi contratti di edizione fossero svantaggiosi per gli autori, nonostante fossero stati definiti da più parti come contratti “standard”. Abbiamo scoperto a nostre spese che non solo esistono convenzioni editoriali considerate normali che riteniamo profondamente ingiuste, ma anche che non esisteva nessun tipo di riferimento informativo né sportello legale gratuito a cui rivolgersi per ottenere delucidazioni e assistenza prima di firmare un contratto, o dopo, come era successo a noi, che ci siamo trovati nella sgradevole situazione di volerci svincolare dai rispettivi contratti ed editori e di essere costretti a pagare un avvocato per ottenere giustizia.
A quel punto abbiamo deciso di trasformare la nostra frustrazione in qualcosa di utile, e abbiamo fondato il blog Scrittori in Causa, che oggi è un seguito punto di riferimento informativo sui contratti di edizione.
Cosa fa precisamente “Scrittori in causa” e chi lavora a questo progetto?
Il progetto oggi è portato avanti principalmente da me, ma non sarebbe stato possibile senza il massiccio lavoro di studio e di organizzazione della materia (che come si può immaginare è vastissima) nel primo anno e mezzo di avviamento del blog insieme ad Alessandra Amitrano, Simona Baldanzi e Sergio Nazzaro. Il blog è focalizzato sui contratti di edizione: offriamo consulenze legali gratuite per gli autori sia in caso di valutazioni di bozze di contratto presentate dagli editori, sia di assistenza passo per passo nella trattativa con gli editori prima della firma, sia in caso di contenziosi con gli editori quando il contratto sia stato già firmato e le opere pubblicate. Parallelemente ci occupiamo di informare i nostri lettori su clusole ingannevoli, vecchie e nuove prassi e trappole dell’editoria a pagamento (che consideriamo profondamente sbagliata) e iniziative spacciate per culturali che invece sono volte unicamente a spillare soldi agli aspiranti autori, come i concorsi letterari in cui per ritirare il premio bisogna pagare.
Per la vostra attività legale e di informazione avete mai subito qualche “attacco”, in qualche forma, da editori o altri?
Io personalmente mi sono vista rivolgere più volte insulti ma anche minacce di querela, principalmente da editori e da organizzatori di consorsi letterari o eventi pseudo-culturali. Questo è successo perché avendo riscontrato in questi progetti contraddizioni, trappole e/o ingiustificabili richieste di denaro ai danni degli autori, lo avevo denunciato sul nostro blog, spiegando nel dettaglio perché si trattava secondo me di editori e organizzatori in malafede. Tuttavia, fino ad oggi, nessuna querela mi è mai stata recapitata, solo minacce, un atteggiamento tipico di chi ha torto e cerca di salvare la faccia aggredendo pubblicamente ma sa benissimo di non poter fare nulla a livello legale perché, come ha stabilito negli ultimi anni la Corte di Cassazione in diverse sentenze: la verità, quando è comprovabile, di incontestabile interesse pubblico e non oltrepassa il limite espressivo della serena obbiettività, NON è diffamazione.
Qual è la situazione dell’editoria italiana? Che tipo di editori sono attivi nel nostro panorama nazionale?
Noi ci confrontiamo con autori che hanno pubblicato o stanno valutando se pubblicare con piccoli e medi editori, quindi vediamo la piccola e media editoria principalmente attraverso le sitazioni sgradevoli di autori in difficoltà perché i loro editori sono inadempienti o li hanno incastrati con un contratto capestro che gli autori, al momento della firma, non avevano compreso realmente. Dunque chiaramente non siamo un punto d’osservazione rappresentativo, semmai interessante, per esempio nell’ultimo anno abbiamo riscontrato una novità piuttosto significativa: finalmente sempre più autori ci contattano PRIMA di firmare i contratti che gli vengono sottoposti, per una valutazione dei contratti, per un’assistenza nella fase di trattativa prima di firmarli, o per un consiglio, il che denota certamente un aumento della consapevolezza degli autori, che sempre meno si fidano degli editori alla cieca. Purtroppo però anche qui il panorama è abbastanza desolante: la stragrande maggioranza delle bozze di contratto che ci troviamo a valutare per conto degli autori contiene trappole e clausole inaccettabili. Va detto però che, anche se con meno frequenza ci capita di valutare anche bozze di contratto tutto sommato oneste, ma anche in questo caso provvediamo a stilare per gli autori una liste di richieste di modifica al contratto da sottoporre agli editori per cercare di migliorare il documento il più possibile a favore degli autori stessi prima che lo firmino.
Quali sono i numeri della cattiva editoria e quali le principali strategie?
Come dicevo il nostro è un punto di vista distorto dal fatto che la maggior parte degli autori si rivolgono a noi perché di fatto hanno a che fare con editori inadempienti e contratti capestro, quindi sarebbe inutile improvvisare una statistica che non sarebbe rappresentativa. Le principali scorrettezze contrattuali in cui ci capita di imbatterci sono le richieste di denaro agli autori spacciate per normale prassi editoriale; la richiesta di cessione dei diritti sull’opera senza specificare la durata, dunque in automatico la durata della cessione è il massimo previsto dalla legge e cioè VENTI ANNI, chiaramente eccessiva; l’impegno da parte dell’editore a inviare i rendiconti solo dopo tot copie vendute (va da sé che i rendiconti in questo modo potrebbero non arrivare mai). Ci sono anche esempi di clausole trappola meno frequenti ma non per questo meno pericolose, una su tutte la pretesa di risarcimento danni all’editore da parte dell’autore in caso di risoluzione anticipata del contratto indipendentemente dai motivi della risoluzione. Per quanto riguarda invece i contenziosi a contratto firmato e/o a pubblicazione già avvenuta è frequentissima l’inadempienza degli editori per quanto riguarda l’invio dei rendiconti e la liquidazione dei compensi agli autori, per questo è molto importante tutelarsi al momento della trattativa sul contratto prima di firmarlo.
Il fenomeno dell’editoria a pagamento: è realmente in crescita e così redditizio? Ha dei lati “oscuri”? E ha senso indirizzarsi in questa strada?
L’editoria a pagamento (che non meriterebbe neanche di essere chiamata “editoria”) negli ultimi anni si è diffusa moltissimo. Noi di Scrittori in Causa siamo profondamente contrari, perché il contratto di edizione, come da Art.118 della Legge sul Diritto d’Autore 633/1941: «Il contratto con il quale l’autore concede ad un editore l’esercizio del diritto di pubblicare per le stampe, per conto e a spese dell’editore stesso, l’opera dell’ingegno», dunque un editore che si accaparra i diritti sull’opera per tot anni e che per questo chiede soldi all’autore sotto qualunque forma, è un cialtrone, che mette il rischio imprenditoriale (che spetterebbe a lui solo, in quanto imprenditore) sulle spalle dell’autore che fa già la sua parte dell’accordo editoriale cedendo la proprietà esclusiva dell’opera all’editore per tot anni. Secondo noi non ha il minimo senso per un autore intraprendere questa strada. Fortunatamente l’informazione in rete su questi temi si è molto diffusa, e comincia a passare il concetto che pagare un editore è un vicolo cieco, ci auguriamo che sia sempre più ovvio per tutti gli aspiranti autori.
Cosa consigliereste a un autore emergente per provare a farsi strada? E come può tutelarsi per non incorrere in cattive sorprese?
Secondo noi per un aspirante scrittore è molto importante frequentare gli spazi pubblici in rete in cui si condividono le informazioni, gli stimoli, gli spunti letterari e le riflessioni su questo “mestiere”. I blog, i siti e i forum letterari sono un esempio, un modo di stare in contatto magari poi anche fuori dalla rete, nella propria città, con la realtà della scrittura, essere aggiornati e informati invece di restare chiusi nel proprio isolamento. Entrando in contatto con altre realtà può favorire la circolazione dei propri scritti, una volta c’erano le riviste letterarie dove gli aspiranti scrittori cominciavano pubblicando i propri racconti, ora c’è internet. Va da sé che più è prestigioso e seguito uno spazio in rete, più riuscire a pubblicare un proprio racconto su quella piattaforma può dare all’autore visibilità e riscontro dei lettori che possono risultare molto utili. Anche frequentare le fiere nazionali dell’editoria più importanti può essere un buon modo di entrare in contatto con gli editori e farsi conoscere. Per quanto riguarda invece la pubblicazione consigliamo di studiare per bene le pubblicazioni e le collane dei piccoli editori e inviare il manoscritto solo a quelli che potrebbero davvero essere interessati al tipo di lavoro fatto dall’autore, è molto difficile farsi pubblicare dignitosamente, anche da un piccolo editore, ma non impossibile. L’unico modo di autotutelarsi è non pensare mai che un editore sia un benefattore lungimirante che ha capito il nostro talento (la vanità è il primo pericolo per gli aspiranti scrittori), ma un interlocutore professionale col quale si vuole contrarre un accordo di lavoro. Mai pensare di aver capito un contratto solo perché è scritto in italiano, consultare sempre un esperto e avviare sempre un minimo di trattativa per migliorare il contratto a proprio favore prima di firmarlo.
Le tattiche scorrette riguardano solo gli editori e la pubblicazione o anche altre realtà che ruotano attorno alla letteratura degli emergenti?
Le trappole sono un po’ ovunque, bisogna stare con gli occhi aperti sempre e mai fidarsi completamente. Nel print-on-demand per esempio, che è una forma di pubblicazione per la quale l’autore paga ma resta proprietario esclusivo dei diritti dell’opera, ci sono molte piattaforme che, approfittando dell’ingenuità, dell’inesperienza e dei sogni di gloria di molti aspiranti scrittori, utilizzano una pubblicità dei loro servizi letterari che si pone pericolosamente al limite dell’ingannevole, paventando agli autori un ingresso nel mondo dell’editoria che neanche un grosso editore si sognerebbe mai di promettere a un autore.
Quali sono stati i casi più significativi che vi sono stati segnalati?
Un caso che fece anche un certo rumore fu la vicenda del Festival dell’Inedito, un festival per esordienti da tenersi a Firenze per accedere al quale venivano richiesti ai partecipanti ben 630 euro di iscrizione, una cifra esagerata anche alla luce dei numerosi patrocini prestigiosi (Comune di Firenze, SIAE, Rai, grossi editori ecc.). Abbiamo studiato il regolamento del festival e, avendo riscontrato numerose scorrettezze (oltre naturalmente al costo di iscrizione eccessivo) abbiamo pubblicato un post in cui segnalavamo le irregolarità e le trappole insite nel progetto. La notizia si è diffusa in rete molto velocemente e un gruppo di scrittori fiorentini ha chiesto con una lettera al Comune di Firenze di ritirare il patrocinio. Grazie al passaparola scatenatosi intorno e contro il festival, gli enti patrocinatori, uno dopo l’altro, hanno abbandonato il progetto, finché l’organizzatore, Alberto Acciari della Acciari Consoulting ha sospeso il festival. Ultimamente poi, grazie alle segnalazioni degli autori, abbiamo denunciato la pratica scorretta di diversi concorsi letterari che, solo dopo la comunicazione della vittoria, mettevano al corrente gli autori vincitori che avrebbero dovuto pagare per ritirare il premio, e cioè la pubblicazione dell’opera vincitrice con gli editori che avevano indetto il concorso. Mi riferisco in particolare ai concorsi indetti dalla Leonida Edizioni e dalla MCG Edizioni.
Scorrendo il vostro sito si ha la sensazione che quello dell’editoria sia un mondo fitto di “trappole”. È davvero così?
È così. Ma è anche una conseguenza dell’eccessiva fiducia che numerosissimi aspiranti scrittori ripongono negli editori. C’è una forte tendenza a vedere l’editore come un mecenate per cui provare indefessa gratitudine, qualcuno da non contraddire mai per timore che ritiri l’offerta di pubblicazione (senza valutare nel dettaglio di che tipo di pubblicazione si tratti). E invece l’editore andrebbe sempre visto per quello che è: un imprenditore che investe su un’opera e su un autore, un professionista con il quale si contrae un accordo, una sorta di datore di lavoro, e non un amico o una persona per la quale ci si possa permettere di nutrire fiducia.
È ancora possibile pubblicare nel nostro paese? Esistono cioè ancora buoni editori che si occupano di scoprire autori e pubblicarli, oppure dobbiamo dimenticare quell’idea di editoria?
Per fortuna esistono in Italia anche molti piccoli editori che lavorano sodo e professionalmente con e per gli autori. Editori che sopravvivono a stento di questi tempi, ma che preferirebbero chiudere i battenti piuttosto che aggirare gli autori o mettere sulle loro spalle il rischio imprenditoriale. Tra l’altro spesso i piccoli editori riconosciuti nell’ambiente editoriale come seri e attenti a chi e a cosa pubblicare, spesso vengono osservati da editori maggiori in cerca di novità. Insomma, una prima pubblicazione seria e dignitosa con un editore piccolo ma stimato è il piede giusto con cui provare ad accedere al mondo dell’editoria e a pubblicare, che non è e non può essere una certezza, non arrendiamoci quindi al primo pseudo-editore che ci chiede soldi per pubblicarci, ma andiamo avanti per la nostra strada e accettiamo come perfettamente normale e non drammatico il fatto che un editore degno di questo nome e disposto a pubblicare il nostro lavoro potremmo anche non trovarlo, perché nessuno è mai morto per non aver pubblicato e perché, come scriveva Simone De Beauvoir in Memorie d’una ragazza per bene:
«La scrittura esige virtù scoraggianti, sforzi, pazienza; è un’attività solitaria in cui il pubblico esiste solo come speranza».