“Il popolo Tedesco è stato creato dalla Provvidenza non per obbedire alle leggi che convengono agli Inglesi e ai Francesi, ma per sostenere i propri vitali interessi. Per essi sono determinato a condurre la mia battaglia, prima di tutto all’interno del nostro Paese. La posizione occupata precedentemente da molti partiti, classi e associazioni appartiene ora ad una sola comunità; la comunità del popolo tedesco.
È dovere di noi tutti sostenere questa comunità e rafforzarla sempre più. Durante questo periodo molti di voi hanno subìto dei danni, ma credo che la felicità condivisa oggi da tutta la nazione ricompensi largamente ognuno per ciò a cui è stato costretto a rinunciare.”
È il 1° aprile 1939 e Adolf Hitler sta sostenendo un discorso presso Wilhelmshaven, una cittadina della Bassa Sassonia. Il 22 maggio Germania e Italia firmeranno il “Patto d’acciaio”. Il 1° settembre dello stesso anno la Germania invade la Polonia.
È l’estate del 1789, luglio per la precisione. Qualcuno sta riposando sotto un albero e sventolandosi un fazzoletto in direzione del volto, mentre qualche goccia di sudore si fa strada sulla fronte, molto lentamente. In tutta la campagna è silenzio, tranne che per qualche schiamazzo lontano e crescente. È impossibile capire da lì cosa stia davvero succedendo. In realtà si è diffusa la voce che un gruppo di briganti stia arrivando per massacrare i contadini e distruggere i raccolti. Questa falsa notizia è caduta come benzina in un camino, e la nevrosi e la follia hanno mosso la folla nelle campagne, proprio quando fu annunciato l’imminente arrivo dei fantomatici briganti. Forche, bastoni, falci e utensili erano nelle mani di quelli che dapprima erano andati a chiedere protezione ai signori locali, presso i castelli, e che poi si sono trasformati, chissà come, in feroci assassini fuori controllo. Hanno trucidato nelle corti e bruciato anche i documenti che attestano le proprietà. La situazione è sfuggita di mano in un lampo, nessuno sa come, né perché.
Nella fittissima e impenetrabile foresta di Teutoburgo giacciono 15.000 soldati romani massacrati barbaramente. Tutt’ora molti corpi non sono stati ritrovati. Arminio, dapprima fedele ai romani e parte dell’esercito, li aveva traditi. Sei anni dopo Germanico si fece condurre sul luogo e secondo Tacito vide le ossa ovunque, ammucchiate e sparse nella fitta vegetazione. Erano passati sei anni ma i teschi erano ancora conficcati negli alberi ed erano ancora visibili gli altari dove i barbari avevano sacrificato i tribuni ed i centurioni alle loro divinità pagane. Dopo quella disfatta i romani, pur avendo provato a continuare la conquista della Germania con altri tentativi, vi rinunciarono definitivamente, nessun imperatore ribattezzerà mai più una legione con lo stesso nome di una delle tre scomparse, la XVII, la XVIII e la XIX, ed il Reno divenne per sempre il confine nordorientale dell’Impero, influenzando pesantemente la storia d’Europa dei secoli successivi. Ancora oggi è lì segnato un confine linguistico, tra le popolazioni di lingua neolatina e di origine germanica.
Scrive Svetonio: “Quando giunse la notizia […] dicono che Augusto si mostrasse così avvilito da lasciarsi crescere la barba ed i capelli, sbattendo, di tanto in tanto, la testa contro le porte e gridando: “Varo rendimi le mie legioni!”
In un agosto di molti anni fa, nel 1951 per la precisione, in una piccola cittadina francese, Pont-Saint-Esprit, la popolazione fu colta da allucinazioni e deliri, e dilagarono episodi di isteria di massa. Tentativi di suicidio, omicidio, visioni, tormentarono la popolazione per giorni. Gli episodi si estesero per tutta l’area e vi furono alcuni morti. Sulle cause di questa singolare vicenda la fantasia non tarda a sbizzarrirsi. Fu probabilmente un ingrediente presente nel pane a scatenare la follia, o qualcosa di più complesso e sconosciuto.
Tra l’848 e l’852 papa Leone IV fece erigere le cosiddette Mura Leonine, a protezione del Colle Vaticano e della basilica di san Pietro. Questo perché nell’agosto dell’846 dei saraceni erano riusciti ad entrare a San Pietro ed a saccheggiarla. Da allora in poi i musulmani non avrebbero dovuto mettere più piede nel luogo sacro ai cristiani.
Intorno al 1500 nella città di Digione, in Borgogna, come in tanti altri comuni della zona, gruppi di individui della comunità, uomini del tutto rispettabili, prendevano parte, si pensa per circa una ventina di volte all’anno, a violenze di gruppo premeditate, che consistevano nell’assalto di abitazioni della cittadina, in cui la porta veniva sfondata e la donna presa di mira stuprata ripetutamente in gruppo, tra urla e bestemmie. Si pensa che la metà circa dei giovani in città prendesse parte a queste violenze prima di arrivare alla maturità. In gran parte dei casi erano giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni, lavoranti, servitori o figli di maestri. Le vittime prescelte erano donne di età compresa tra i 15 e i 30 anni, servitrici, concubine di preti, giovani vedove, mogli i cui mariti erano assenti. Le autorità cercano di sedare il problema tramite l’istituzione di bordelli.
Ma, tolto questo, seppur le società di giovani diventavano spesso sfrenate, le autorità tolleravano le loro stramberie. Come scriveva un eminente cittadino di Lione “a volte è opportuno lasciare che il popolo commetta sciocchezze e si dia ai bagordi, onde evitare di gettarlo nella disperazione reprimendolo con eccessivo rigore”.
Nel 1233, papa Gregorio IX lanciò la massima “Vox in rama”, accolta come invettiva che diede inizio allo sterminio di tutti i gatti sospettati di incarnare il diavolo, specialmente quelli neri. Ne seguì una vera e propria persecuzione, vennero bruciati vivi, scorticati, bastonati, crocefissi oppure gettati dai campanili delle chiese durante le feste consacrate.