Taglio del nastro per l’inizio dei lavori all’edificio in Rua de Raboleira a Oporto in Portogallo.
Ciò che fin ora è sempre stato sulla carta diventa realtà.
Grazie all’iniziativa Arrebita! Porto presto una piccola parte del degrado urbano di Oporto sarà solo un brutto ricordo.
Nata dall’idea di un architetto e di due ingegneri portoghesi, Arrebita rappresenta un nuovo modo di fare architettura in tempo di crisi.
Il progetto, tanto semplice quanto innovativo, mira al recupero degli edifici in avanzato stato di abbandono situati nel centro storico della città, il tutto a costo Zero. Ebbene sì, le spese sono nulle grazie alla collaborazione di enti, fondazioni e imprese costruttrici che hanno garantito tutto il supporto necessario: materiali, finanziamenti, consulenze e servizi specialistici.
Stiamo parlando di un progetto pilota che non ha eguali in quelle che sono le sue metodologie, operatività e organizzazione.
Strutturata da tre coordinatori e da collaboratori fissi, la squadra tecnica di Arrebita si avvale, in aggiunta, delle competenze di architetti e ingeneri, freschi di laurea, reclutati su base motivazionale e curricolare da tutta Europa.
Il team di progettazione, che si rinnova ogni tre mesi, viene costituito grazie ad un preliminare processo didattico di tipo intensivo che forma il personale e lo aggiorna sulla prosecuzione dei lavori attraverso corsi informatici e seminari dedicati. Il tutto avviene in modalità partecipata ovvero con il coinvolgimento di studi specializzati e scuole tecniche che da sempre operano a livello locale nel campo dell’architettura, dell’ edilizia e del recupero urbano.
Una volta definita la strategia operativa del piano di ricostruzione, i giovani tecnici diventano a tutti gli effetti parte attiva nella progettazione. Opportunità anch’essa a costo zero per i neolaureati che intendono prendere parte a questo nuovo metodo di concepire la rigenerazione urbana poiché Arrebita offre per tutta la durata del mandato ospitalità e sostegno ai propri progettisti.
La partecipazione e la cooperazione degli istituti partner rappresentano il corollario di questa impresa mirata a contrastare il degrado e la fatiscenza che imperversa da anni nella città portoghese.
Il centro storico di Porto negli ultimi anni, a causa dell’inadeguatezza delle strutture abitative e dei servizi sociali, ha perso il 64% della popolazione residente; un dato allarmante e rivoluzionario al tempo stesso.
Il modello proposto da Arrebita! Porto basato sulla partecipazione si sta affermando sempre più come possibilità concreta di intervento sulle problematiche legate all’abitare e sugli standard sociali.
“Pensa locale e agisci globale” slogan cardine del marketing 2.0, in Portogallo risulta valevole anche per l’edilizia considerando che questo progetto pilota se esportato può rappresentare una svolta nella gestione economico-immobiliare per molti paesi.
Abbiamo intervistato Marco Piero Paolini, 31 anni, architetto viareggino che ha preso parte al progetto e ci ha raccontato la sua esperienza.
CIAO MARCO PARLACI DI ARREBITA TU CHE HAI FATTO PARTE DEL TEAM.
M: Arrebita è un progetto di riqualificazione del centro storico di Porto. È un progetto con impronta sociale, nel senso che si basa sul lavoro volontario di architetti, ingegneri e designer che aderiscono in modo consapevole da tutta Europa.
COME SEI VENUTO A CONOSCENZA DI QUESTO PROGETTO?
M: A dire il vero per caso, tramite un turista Portoghese in visita a Firenze. Mi ha parlato di questa iniziativa e mi sono subito documentato su come potessi fare per esserne parte. Ho contattato l’organizzazione tramite mail, abbiamo avuto dopo poco un colloquio via skype e alla fine sono stato scelto.
QUANDO E QUANTO SEI STATO IN PORTOGALLO?
M: Circa 4 mesi in tutto, ma ero libero di poter tornare per i week end.
QUALI ERANO LE TUE MANSIONI?
M: Fondamentalmente ero architetto progettista, nello specifico sceglievo e progettavo gli infissi. Mi occupavo inoltre delle scelte tecnologiche che garantissero la miglior efficienza termica e insieme si studiavano anche i sistemi di apertura meccanizzata e le strutture in acciaio per il fabbricato.
Ho anche lavorato fisicamente sul cantiere, abbiamo svolto saggi nella parte seminterrata della costruzione per verificare che non vi si trovassero reperti archeologici di alcun tipo.
COME OPERA IL GRUPPO DI LAVORO?
M: Il lavoro si svolgeva prevalentemente in ufficio come in un normale studio tecnico, però in aggiunta si effettuavano workshop presso i principali partner. Questo significava riunioni con addetti al maketing con all’ordine del giorno la scelta dei materiali da applicare all’edificio; si definiva un “quantity survey” che doveva essere utilizzato nel cantiere, una sorta di bilancio quantitativo. Dopo il mio team che era il n°3 se ne sono susseguiti altri; ad oggi siamo a quota 7 e la fase di progettazione si è praticamente conclusa. Adesso si opera alla fase di cantiere vera e propria. Le demolizioni sono state in parte fatte anche durante la mia presenza presso l’organizzazione Arrebita. Ad oggi il lavoro consiste nella ricostruzione eco-sostenibile del fabbricato con il riutilizzo di materiali di recupero là dove possibile.
IN QUALE LINGUA COMUNICAVATE TRA DI VOI COLLEGHI E TRA LE SOCIETÀ PARTECIPATE?
M: Tra colleghi si parlava in inglese perché eravamo tutti di provenienza differente (addirittura c’era anche un ragazzo originario del Messico) mentre tra le varie aziende si alternava tra Inglese e Portoghese.
COSA CI SARA’ NEL NUOVO EDIFICIO FIRMATO ARREBITA?
M: La destinazione d’uso del piano seminterrato e terra è commerciale, ovvero laboratori artigianali o negozi, mentre al piano primo e piano secondo ci saranno appartamenti in affitto con canone agevolato per i residenti.
RITIENI CHE SIA UN MODELLO VINCENTE PER RISOLVERE IL PROBLEMA DEL DEGRADO DEI CENTRI STORICI?
M: Sì, di sicuro, perché non appesantisce il carico urbanistico nei centri storici, colma i vuoti creati dall’abbandono delle strutture anche a livello sociale e rivitalizza edifici che sono stati il cuore pulsante dei quartieri. Penso solo al beneficio in termini di criminalità e di generazione di potenziali nuovi posti di lavoro. Bisogna anche affermare che strutture adeguate sono prima di tutto una fonte economica oltre che di piacere per chi ne usufruisce.
PENSI CHE IN ITALIA SIA POSSIBILE ESPORTARE UN PROGETTO DEL GENERE?
M: In Italia sarebbe possibile se ci fossero meno vincoli che limitano i progetti di riqualificazione e meno speculazione a livello di affitti e compravendita. La crisi è tangibile in entrambi i paesi però
“dato che l’erba del vicino è sempre la più verde” ritengo che in Portogallo sia più facile gestire e mettere in piedi una organizzazione come quella di Arrebita basata sullo scambio vincente di esperienze e professionalità.
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www.arrebitaporto.blogspot.it