Se c’è una cosa che mi piace della fotografia, oltre a farne tanta, è che non si finisce mai di parlarne…soprattutto se hai di fronte qualcuno che ne mastica da mattina a sera.
 Per questa intervista infatti ho deciso di lasciare da parte i fotografi, quelli con velleità artistiche intendo, e parlare con gli addetti ai lavori. Per questo ho deciso di preparare un bel pacchetto di domande per importunare gli amici di una testata giornalistica.
 Quindi salutiamo la bellissima redazione di The Mammoth’s Reflex.

 Ciao ragazzi, iniziamo con le domande classiche: vi andrebbe di presentarvi e di raccontare come nasce The Mammoth’s Reflex?

Dietro a The Mammoth’s Reflex ci sono Silvia e Francesco, entrambi reggiani, entrambi dell’81. Abbiamo mosso i primi passi nella comunicazione nel 2006: Silvia ha iniziato collaborando con testate giornalistiche cartacee e non, mentre Francesco ha un passato da grafico pubblicitario. La voglia di mettere su un blog – come spesso accade – è nata per caso nel 2012 per unire le nostre passioni legate ad arte e fotografia, optando per un tema che al tempo non era molto trattato. Si è trattato di un esperimento, non abbiamo pensato neppure tanto al nome, poi il seguito e i lettori sono stati così tanti sin da subito che abbiamo pensato di registrare la testata nel 2013. E da allora andiamo avanti così, grazie anche ad amici e collaboratori che contribuiscono con articoli e segnalazioni da tutto il mondo.

Il core del vostro magazine è la fotografia: grandi fotografi, esordienti, giovani talenti ma soprattutto mostre e festival. Come nasce questa passione? Perchè proprio la fotografia?

Quando abbiamo iniziato sinceramente la fotografia non era così sdoganata, neppure sulle grandi riviste. E collaborando con diverse testate vedevamo che le proposte che riguardavano mostre fotografiche o interviste a fotografi, anche se di altissimo livello, non erano tenute tanto in considerazione. Un giorno ci siamo chiesti: “E questi materiali che abbiamo raccolto dove li mettiamo?”. “Mah. Non sprechiamoli. Facciamo un blog”. Bene o male la passione per la fotografia ce l’abbiamo sempre avuta, anche da piccoli.

Silvia: Io mi ricordo che amavo la Polaroid di mio nonno, ma la poteva usare solo lui. Invece intorno agli 8-9 anni, quando si andava in giro o in vacanza, non vedevo l’ora di rubare la macchina fotografica dei miei, una Nikon con un sacco di obiettivi, e scattare. L’unico problema era il rullino che all’epoca era costoso (come lo sviluppo delle foto), per cui i miei mi sgridavano sempre: se volevo fare foto, che almeno avessero un senso. Quelle foto le ho ancora e hanno un fascino che non so spiegare, mi piace associarle ai ricordi più che l’estetica, mi piace pensare alle storie che vi stanno dietro. E non so perché proprio la fotografia come passione, credo che una cosa o la ami o la ignori.

Francesco: io vinto la prima macchina fotografica con i punti dei biscotti di Topolino o Paperino, poi ho avuto una Kodak disc 3100 e a 10 anni me ne hanno regalata una a rullino molto semplice così potevo scattare tutto quello che volevo mentre ogni tanto scattavo le foto delle vacanze con la reflex Olympus di mio padre.

Siete addetti ai lavori professionali ed imparziali, proprio per questo voglio fare una domanda molto scorretta: sul vostro sito sono segnalate tutte le mostre italiane dalla sicilia alla lombardia e anche oltre i confini nazionali: quali sono invece i vostri gusti personali? Quali fotografi o stili di fotografia vi piacciono? Quali festival preferite? Ci sono delle mostre che visitate più volentieri di altre o qualche mostra che vi ha colpito particolarmente?

Siamo imparzialissimi perché una delle regole fondamentali del giornalismo è questa, per cui noi pubblichiamo un po’ di tutto perché cerchiamo di dare informazioni. Ovviamente non piacciamo a tutti, anzi, ma vogliamo essere una testata che tutti possano leggere. Semplice, senza tecnicismi, che possa essere letta anche da qualcuno che di fotografia non si intende, ma che magari rimane colpito da una mostra o un fotografo. Anche perché da una mostra può nascere una passione.

Silvia: Detto ciò, a me piacciono i reportage, la street photography, i ritratti, le foto in bianco e nero, le foto degli album di famiglia (non giudicatemi male, ma trovo affascinanti anche le foto delle lapidi, i volti della gente per me sono bellissimi). A dire il vero mi piacciono tutte le foto che fanno emozionare, se mi trasmettono qualcosa  – che siano grandi fotografi o emergenti – hanno vinto. Non amo particolarmente, invece, le foto concettuali, still life e similari. Tra i festival e le mostre che preferisco di certo quelle realizzate in luoghi recuperati, e quelli fatti con il cuore vincono. Amo la semplicità, il coraggio e chi resta umile.

Francesco: Mi piacciono diversi tipi di fotografia, escludo quella concenttuale e quella in cui l’aria fritta prende il sopravvento rispetto all’immagine. Mi piacciono le foto che raccontano qualcosa, d’impatto, vere, sia street o reportage, foto rubate o che catturano un momento significativo. Come festival mi piacciono gli allestimenti curati che mettono al centro la fotografia, solo per citarne alcuni che frequento da più anni e che ho visto rinnovarsi e crescere, mi vengono in mente Riaperture Festival di Ferrara o Fotografia Etica di Lodi, dove la qualità è sempre altissima e i posti in cui sono ospitate le mostre meritano sempre un giro.

Avete visitato mostre importantissime ed avete parlato con alcuni dei nomi più importanti del panorama fotografico, spesso anche coinvolgendoli in video interviste. Doverosa anche la menzione del canale tech sulla vostra pagina dove spesso compaiono videorecensioni ma anche richiami ai nuovi media ed all’utilizzo sempre crescente degli smartphone. Come pensate che si stia evolvendo il settore della fotografia?

Per noi come sia stata realizzata una fotografia poco importa, ci interessa di più il risultato. Se emoziona e se è bella vince, poi che sia stata fatta con una super macchina o uno smartphone è solo un dettaglio. C’è da dire che negli ultimi anni la fotografia è esplosa, è stata riscoperta. C’è stato un ritorno al vintage, ci sono macchine sempre più precise in commercio, i libri fotografici stanno tornando, le fanzine anche, i corsi di fotografia sono sempre più numerosi. Bisogna solo distinguere chi ha talento e seguirlo. Anche i social hanno fatto la loro parte, aiutando questa esplosione. Dobbiamo dire che ci sono tante belle cose in giro, vanno cercate, ma ci sono; è un mondo in fermento che si sta evolvendo. La cosa che non ci piace? Le foto troppo post-prodotte.

Continuando a parlare di possibili derive della fotografia bisogna notare come negli ultimi anni sia aumentato nelle mostre l’uso degli smartphone tra igers, influencers, smart photographers e contenuti in realtà aumentata. A questa inflazione tecnologica qualcuno ha pensato bene di rispondere a suon di rullini e macchinette vintage; abbiamo assistito ad un ritorno delle pellicole, delle toy camera fino addirittura a vedere in giro dei banchi ottici di nuova fattura o delle pinhole stampate in 3D. Con alcuni di questi marchi avete anche collaborato in passato… dove andremo a finire secondo voi? Questa frammentazione potrebbe arricchire il settore della fotografia o frantumarlo in mille possibili nicche senza futuro?

A noi piace il risultato e allo stesso tempo tutte (o quasi) le novità ci fanno emozionare. Probabilmente si arriverà ad un punto morto, ci saranno fin troppo strumenti. E’ vero che i cellulari sono sempre più performanti, le mirrorless e le toy camera stanno vivendo un periodo importante, però l’occhio del fotografo è un’altra cosa. Ed è bello vedere come lo sguardo venga interpretato in maniera diversa in base allo strumento. Di certo secondo noi ci sono ambiti in cui l’attrezzatura è fondamentale e deve essere ricercata, curata, e anche la conoscenza fotografica non può mancare. Altrimenti non si riesce ad ottenere ciò che si ha in mente.

Molti dei festival a cui partecipate sono destinati a nuove forme di fotografia e spesso i protagonisti sono giovani fotografi esordienti, alcuni dei quali provengono da grandi scuderie altri, soprattutto negli ultimi anni, dal mondo dell’underground. Pensate che in italia ci sia un futuro per gli emergenti? Secondo voi esiste, ad oggi, una “scena” fotografica?

Il futuro è nelle mani degli emergenti. Ci sono talenti più o meno nascosti che andrebbero valorizzati. Tra fanzine, libri autoprodotti e mostre entriamo spesso in contatto con progetti interessanti. E’ difficile farsi notare, è vero, ma con tanta costanza, mandando giù anche tanta merda, ci si può far conoscere. I social oggi come oggi aiutano moltissimo (bisogna ovviamente saperli utilizzare): molti ci odieranno per questa affermazione ma è così, siamo nel 2020 e non si può negare l’evidenza. Altrimenti sì che si crea una nicchia senza futuro.

Sì convinto poi anche all’underground. Un altro modo di fare fotografia, di vedere e raccontare il mondo. In Italia è più difficile questo mondo rispetto all’estero? Sì, ma ci stiamo risvegliando anche noi. E poi per noi la via più ardua, quella lontana da certi ambienti, “dell’amico di..” per intenderci, porterà magari meno lontano, ma dà molte più soddisfazioni.

Restando in tema festival: come testata accreditata avete accesso ad anteprima, conferenze stampa e presentazioni; immagino che abbiate una collezione di shopbag immensa. Oltre alle shopbag in che rapporti siete con quello che in qualche modo è il merch classico della fotografia: il libro? E poi: libroni fotografici classici o fanzine e libri autoprodotti? Ci fareste una piccola panoramica sul campo dei libri fotografici?

Anche se questo “feticcio” ha iniziato a diffondersi tantissimo negli ultimi anni, è vero: abbiamo un sacco di shopbag negli armadi. Più che le shoppine adoriamo i libri, non solo quelli fotografici. Negli ultimi anni sono sempre di più gli editori che puntano sulle pubblicazioni fotografiche, con piccole case editrici che fanno dei volumetti interessantissimi (ci viene in mente Emuse). Dalla più nota Contrasto (che pubblica anche saggi) a Silvana editoriale e Sprea (per i cataloghi) fino a Postcart, l’editoria in questo settore sta facendo passi da gigante. E poi ci sono gli indipendenti come Skinnerbox, Witty Kiwi, Cesura, Rorhof, Humboldt (solo per citarne alcuni, perché sono tutte realtà interessanti e in continua crescita) che pubblicano progetti di nicchia. Senza contare tutto il mondo relativo alle fanzine e i fotografi che si autoproducono. Stare dietro alle ultime novità è diventato molto difficile, ma chi può investire lo faccia perché ci sono libri che meritano di entrare nelle nostre biblioteche, di essere sfogliati, da cui trarre spunto. E poi la bellezza rende felici.

I festival sono di certo occasioni in cui poter scambiarsi opinioni, grazie anche ad angoli libreria, in cui si possono scovare pubblicazioni davvero interessanti. Un’altra cosa apprezzabile è anche la grande solidarietà tra chi ama fotografare e chi ama la fotografia perché grazie al passaparola, al sostegno reciproco, si riescono a scoprire talenti e progetti che altrimenti rimarrebbero chiusi in un cassetto. L’importante invece è osare. Sempre e comunque.

Ultima domanda. È ormai tradizione conservare per la fine la domanda del “vaffa!” quindi con voi me la gioco facilmente: oltre alle mostre, cosa fate nel tempo libero? 

Grazie mille, ragazzi.

Nel tempo libero si gioca con Jimbo, si beve buona birra, si ascolta buona musica. E poi sì, anche nel tempo libero spesso si lavora e si scrive (il lavoro in arretrato è sempre tanto), ma tanto poi arriva sempre il lunedì e ricomincia tutto da capo.

Francesco aggiunge: “Tempo libero? Cos’è? Ah, sì, quel tempo extra che serve a lavorare sulle cose lasciate indietro”.

The Mammoth’s Reflex

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO