Esce in data odierna il primo disco solista di Andrea Appino, voce e chitarra degli Zen Circus, gruppo rock indipendente proveniente da Pisa. Il nuovo disco si intitola “Il Testamento”, contiene ben 14 tracce e sicuramente non mancano gli spunti per realizzarne una descrizione. Avvalendosi della collaborazione di Franz Valente e Giulio Favero del “Teatro degli Orrori” e del violinista Rodrigo D’Erasmo degli “Afterhours”, oltre ad altre illustri partecipazioni, il cantautore pisano realizza un progetto sul quale lavorava da diversi anni : “Non ho mai avuto il tempo di fermarmi con gli Zen… In questo anno sabbatico invece di riposarmi sono riuscito ad incidere questo lavoro, sarò considerato un folle ma sono convinto di fare il lavoro più bello del mondo e non mi andava pertanto di star fermo”.
Il timido Appino rivela che si tratta di un disco molto personale dove sono racchiusi pensieri ed esperienze vissuti nella sua quotidianità familiare, ovviamente l’autore sceglie di non scendere nel dettaglio per mantenere la riservatezza. Nella breve presentazione svoltasi ieri a Firenze, presso la libreria Feltrinelli, Appino ha dichiarato “fondamentali” le parole che si usano nei testi citando, per rendere l’idea, Nanni Moretti nella celebre scena del film “La palombella rossa” quando a bordo vasca l’attore e regista romano si indispone con una giornalista che sembra voler attribuire un tono all’articolo che vuol scrivere su di lui senza utilizzare però le parole effettivamente adatte.
La prima traccia dà il titolo all’album ed è dedicata a Mario Monicelli, grandissimo regista morto suicida a 95 anni prima che la malattia terminale che contraeva lo uccidesse. La canzone descrive quanto il regista sia stato coerente nella vita, quanto in quella vita che ha finito per togliersi abbia scelto tutto, dall’inizio alla fine senza compromessi. Un testo molto profondo con cui si apre un album decisamente impegnato e proteso evidentemente ad evidenziare quanto secondo l’autore sia fondamentale essere sempre se stessi, mantenere una coerenza nella vita, anche se questa spesso ci mette davanti a situazioni o scelte non proprio piacevoli.
Nel secondo brano Appino canta una ninna nanna “speciale” ad un bambino, dove quello che “protegge” è il lupo, in quanto l’uomo sa essere impietoso e peggiore di ogni animale esistente. Un tema interessante sulla natura dell’essere umano. Proseguendo con l’ascolto, veramente piacevole anche dal punto di vista musicale, degna di nota è “Passaporto”, canzone nella quale l’autore vuole far capire a modo suo quanto sia importante il tempo e non sprecarlo, quanto possa contare viaggiare e vedere il mondo, farsi esperienza: “un passaporto è tutto ciò di cui ho bisogno / un lasciapassare per un altro mondo / se la compagnia lascia a desiderare / partirò da solo tanto so tornare / ti porterò un regalo se me lo ricordo / bacia tutti sulle labbra se non torno / tutto questo tempo speso a lavorare / poi quanto altro ne rimane ?”.
Dopo questo brano incontriamo “Specchio nell’anima”, prima canzone in stile “Teatro degli Orrori” del disco e “Fuoco !” nel quale il cantautore affianca il “fuoco” all’amore, considerandolo molto diverso ma egualmente importante e pone l’ipotesi che in alcuni casi possa addirittura sostituirlo.
Il sesto brano è una libera citazione di “Desolation Row” (Bob Dylan), tradotta da De André ed inserita nel disco “Canzoni” del 1974. Appino si limita a prendere spunto dalla melodia e dallo spirito delle parole utilizzati dall’artista folk americano, reinventandosi un testo adattato al significato che vuole attribuire alla canzone. Una canzone molto intensa e personale. “Questione d’orario” e “Fiume padre” sono canzoni che riguardano situazioni familiari, velatamente autobiografiche. Con “Solo gli stronzi muoiono” torniamo a parlare di Monicelli, questa è infatti l’esatta risposta che il regista rifilò ad un giornalista che gli chiese se avesse paura di morire. Altro brano toccante e di orientamento social-familiare è il decimo della tracklist: “I giorni della merla”, dal quale non dista troppo il successivo “Tre ponti” dove compare una storia difficile tra un uomo, una donna, la figlia e la miseria a rendere tutto più difficile, se non impossibile.
La dodicesima traccia “Godi (finché puoi)” racconta con un po’ di rassegnazione di quello che avviene dopo certe esperienze passate nella vita, quando si arriva ad un certo punto e certe convinzioni che ti hanno contraddistinto vengono meno. Le ultime due tracce: “Schizofrenia” e “1983” parlano rispettivamente di ego e società, nella prima viene trattato il rapporto di odio/amore con se stessi e nella seconda si parla di una famiglia e del relativo periodo storico nel quale vive.
Troverete l’ascolto di questo disco interessante per la costruzione articolata e ben finalizzata, colmo di tematiche e situazioni sociali “dure”, importanti, sentite … Ed infine per la parte musicale, della quale potrete facilmente riuscire a memorizzare diversi tratti con piacere dal primo ascolto, noterete immediatamente un grande coinvolgimento da parte dell’autore toscano verso le tematiche sollevate.
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