E’ una storia di gelosie, senza lieto fine e con personaggi intrecciati che fanno molta confusione, ma la riassumerò così:
Aurora, in realtà dea dell’aurora, chiamata Eos, si innamora di Cefalo (che pare essere figlio di Ermes o del re di Atene), e lo rapisce. La realtà fa male e vuole che Cefalo sia sposato con Procri e quindi respinge Aurora. La dea allora sentitasi tradita mette una piccola pulce nell’orecchio di Cefalo: Procri l’avrebbe tradito con chiunque le avesse fatto delle avances. La pulce dura poco, la curiosità invita Cefalo a chiedere aiuto ad Aurora che lo trasforma in un’altra persona. Succede quello che deve succedere, lo sposo si presenta a Procri che, ammaliata, cade nelle sue braccia. Cefalo su tutte le furie lascia la megera (che tra l’altro sarebbe con la M maiuscola, ma è un’altra storia) e corre dalla sua Aurora.
La storia adesso si sposta a Creta dove Procri abbandonata a se stessa fugge per aiutare il re Minosse a guarire da un sortilegio fattogli dalla moglie Pasifae: tutte le volte che il re si sarebbe avvicinato ad una donna il suo corpo avrebbe sprigionato animali disgustosi come ragni, serpenti o scorpioni. Minosse guarisce e regala a Procri una lancia che sarebbe sicuramente andata a segno e un cane, Lelapo, e la invita ad abbandonare l’isola onde evitare l’ira della moglie ed eventuali risortilegi.
Tornata ad Atene si riconcilia con Cefalo, dormono insieme, si amano di nuovo. Il giorno dopo vanno a caccia e, ahimè scambiate le armi, la sfortuna vuole che Cefalo, udito un fruscio tra i rami, scocchi quella freccia che ferirà mortalmente la povera Procri. Esiliato a Tebe viene accolto da Anfitrione che lo omaggia di un’isola, l’attuale Cefalonia, dove un giorno colto dal rimorso per la fine di Procri si uccide gettandosi da una rupe.
Gli artisti rinascimentali hanno raffigurato Cefalo spesso disperato e sdraiato accanto a Procri in compagnia dei cani da caccia. Vi propongo un quadro bellissimo, visto dal vivo ad una mostra dedicata a Piero di Cosimo alla Galleria degli Uffizi a Firenze. Un personaggio eclettico, consiglio anche di leggere di lui nelle Vite del Vasari, mangiava solo uova sode, aveva paura dei temporali e aveva comprato ettari di bosco per evitare che la gente potesse andarci e cambiare il corso della natura; selvaggio e dolcissimo ecco il quadro “La morte di Procri”, io sono stata molti minuti a fissare il viso di Cefalo. (1495, Londra, National Gallery)E poi sempre la fortuna vuole che il tanto da me amato Nicolas Poussin abbia la sua versione, qui Cefalo respinge Aurora e un puttino gli ricorda l’amata Procri in un disegno. Che fortuna che i colori che usava si siano rovinati così, l’atmosfera è proprio mitologica, 1630.
In copertina un’incisione su rame del 1657. La stampa proviene dall’opera “Argomento della Galleria Farnese dipinta da Annibale Carracci, disegnata e intagliata da Carlo Cesio”.