Dastpics è il nick su instagram di Gaetano De Angelis. Di te sappiamo con certezza che sei un fotografo e che sei, anzi, appartieni a Napoli. Vuoi dirci qualcosa di più? Come ti sei avvicinato alla fotografia?
Tramite gli studi di architettura, in maniera involontaria. Dopo essermi avvicinato a questo mondo ho lasciato architettura per intraprendere la formazione in fotografia.
Analogico o digitale? Come preferisci scattare?
Ho sempre preferito scattare in digitale perché lo trovo molto più comodo e rapido, come metodo.
Come preferisci far girare le tue foto?
Tramite il passaparola.
Dalle tue immagini emerge un contesto ben preciso: i tuoi scatti parlano di Napoli, della strada ma anche (quando si poteva fare) di una vita notturna fatta di club e serate. Non mancano i riferimenti a cantanti, come i tuoi scatti a Luchè. A questo punto io ti chiederei: quale è il mondo di Gaetano?
Il mondo di Gaetano è il mondo di un ragazzo che vive la sua città di giorno e di notte. La mia fotografia non è altro che il racconto della mia vita, fatta di contatti, confronti generazionali, musica, strada, persone, contraddizioni ed esperienze.
In molti tuoi scatti compare una simbologia ben precisa, la stessa che hai voluto riportare sulle maglie di We belong to Naples. Cani arrabbiati, madonne e lacrime, che spesso compaiono tatuati sui soggetti delle tue foto. Si può dire che in un certo senso riporti nella strada un immaginario che prendi proprio dalla strada stessa. Parliamo solo di merchandise? Perchè questa scelta?
WBTN mi piace definirlo come un piccolo movimento che nasce una visione più interna della nostra cultura popolare, secondo una logica narrativa prettamente neorealista.
Spesso si racconta Napoli secondo cliché che forse appartengono solo ad una parte “vendibile” e folcloristica della nostra storia. Con WBTN cerco di fare l’opposto, rendendo appetibile e cool tutto cio’ che realmente ci appartiene con simboli propri della nostra cultura popolare, che prima potevano essere visti con aria critica dal mondo radical chic e borghese e che oggi stiamo riuscendo con tanto sforzo a far emergere. Se la cartolina di Napoli proposta ai turisti è una dedica alla pizza, al Vesuvio e al mandolino, la cartolina di Napoli proposta da WBTN è una dedica al suo popolo.
È un merchandising? Sì, ma che ha come scopo di divulgare un immaginario e un’identità ben prima del prodotto, che sia la tee, il cappello o la cover ecc.
Ultimamente leggo di molti workshop fotografici organizzati “alla scoperta di Napoli”, film e ambientazioni televisive. Cosa pensi di questo interesse verso la tua città?
Sono ovviamente felicissimo che si parli sempre più spesso di Napoli e che si stimolino le persone alla sua scoperta. Questa città ne ha subite tante nel tempo ma ora sta tornando a splendere e a ridiventare un grande polo e punto di riferimento a livello internazionale. Tantissime attività e realtà, soprattutto artistiche, si stanno sviluppando a macchia d’olio e non posso che esserne orgoglioso. Un grande merito va a chi ci ha sempre creduto e ha combattuto per raggiungere i propri obiettivi qui.
Molti sono i fotografi che hanno provato a raccontare le strade della tua città. Tra i vari vorrei citare in particolar modo gli scatti di Boogie, che hai citato in un altra intervista.
Molta della produzione audiovisiva su Napoli però è indirizzata a quartieri ritenuti pericolosi o a situazioni “difficili”. Credi che questo possa influenzare il giudizio della gente o contribuire a costruire una identità sbagliata della città?
La fotografia è un enorme mezzo di comunicazione. Che si tratti di posti difficili o meno l’identità non è compromessa se il fotografo ha ben chiaro il suo messaggio e lo costruisce con consapevolezza, perché solo così nutrirà secondo il suo linguaggio gli utenti.
Raccontare fotograficamente però è un po’ come scrivere un libro, dove ci sarà sempre uno scrittore e un lettore. Il problema quindi non è di per sé cosa si fotografa o si racconta ma come. La massiccia quantità di immagini a cui siamo soggetti quotidianamente rende difficile questo percorso e oggi forse il problema più grande è che le fotografie non vengono lette ma quasi subite, generando un grande caos e una enorme analfabetizzazione fotografica, dove si perdono di vista non solo gli intenti emozionali ma soprattutto quelli comunicativi.
Allo stesso modo, molti street photographer vanno alla ricerca di questi contesti per fare i duri e lo street sta diventando quasi un’estetica di moda. Cosa ne pensi di questo fenomeno?
Volendo collaborare con qualche fotografo, con chi ti piacerebbe avere a che fare?
L’estetica street in realtà credo che sia un tipo di estetica che è sempre stata molto presente ed imponente, soprattutto nelle grandi metropoli. Forse oggi lo notiamo di più grazie ai social e alla facilità con cui si può scattare e postare immediatamente, ma in realtà chi viene da questo settore conosce la potenza di quel linguaggio da sempre. Se vediamo i maestri fotografi street, che hanno fatto la storia, capiamo come quel tipo di linguaggio, anche se fatto 30-40 anni fa, sia totalmente attuale e totalmente in linea con questo trend.
Non credo sia da duri andare in un posto e scattare foto. Trovo molto più da duri andare in un posto, scoprirlo, viverlo e guadagnarsi il rispetto delle persone.
Potrei collaborare con chiunque, se ne percepisco il talento.
Nell’ultimo anno la situazione è precipitata a causa del Covid: sono diminuite drasticamente le serate, i momenti di aggregazione… come hai vissuto questa situazione? Hai avuto ricadute dal punto di vista artistico?
Ho avuto grosse ricadute dal punto di vista artistico e lavorativo. Purtroppo è un settore dalla sorte ancora sconosciuta. Speriamo passi tutto il prima possibile.
A cosa stai lavorando al momento, se si può dire? Hai qualche progetto in cantiere?
Al momento mi sto concentrando molto su WBTN. Ho intenzione di crescere, smussare gli angoli e fare quel passo che serve per rendere questo merchandising un brand a tutti gli effetti, soprattutto per soddisfare tutte le aspettative di chi ci supporta.